mer, 24 marzo 2021

GLI INTERNI. LA VITA DENTRO CASA

Mentre si moltiplicano in tutta Milano i parchi, le pedonalizzazioni e le nuove piazze, temporanee o per-manenti, sfuma rapidamente nell’immaginario collettivo la percezione, un tempo radicata, del capoluogo lombardo come città priva di spazi pubblici. È vero, d’altra parte, che Milano ha una lunga tradizione di costruzione di interni di qualità, nati anche per sopperire alle mancanze di un contesto urbano più funzionale che confortevole. Sono interni in senso lato i cortili in cui si svolgeva la vita collettiva delle grandi case operaie di ringhiera; e lo sono anche le fastose portinerie ed ingressi a cui Taschen ha recentemen-te dedicato una preziosa pubblicazione (Karl Kolbitz, Ingressi di Milano, 2017). Nel corso del XX secolo e fino ad oggi, l’abitazione borghese e alto borghese è stata uno dei temi ricorrenti nella progettazione degli interni di Milano. La breve raccolta presentata in queste pagine racconta le evoluzioni, le varianti, le convenzioni e le stravaganze che hanno segnato la storia della casa milanese negli ultimi cent’anni.

ANNI ’20 
Casa della Meridiana 
Via Marchiondi 3, Milano 
1925–1926
Progetto: Giuseppe De Finetti
Sono destinati alla borghesia benestante i cinque appartamenti della Casa della Meridiana, pro-gettata da Giuseppe De Finetti all'interno di un antico giardino in zona Porta Romana. Nell’arti-colazione dei volumi e degli spazi interni dell’e-dificio si nota l'influenza di Adolf Loos, il maestro austriaco di De Finetti; nelle sue decorazioni, scarne e di ascendenza classica, quella dello “stile Novecento” in voga a Milano all’epoca. Non esiste un vano scale: si accede ad ogni apparta-mento direttamente dall'ascensore.
Foto: Triennale Milano - Archivio Fotografico

ANNI ’30 
Casa Corbellini-Wasserman
Viale Lombardia 17, Milano 
1934–1936
Progetto: Piero Portaluppi
Negli Anni ’30, Piero Portaluppi si fa portavo-ce a Milano di un gusto eclettico, che integra accenti déco e razionalisti. Lo testimoniano gli interni che realizza per l’alta borghesia della città: tra i tanti, la Casa Crespi di corso Vene-zia (1927–1930), la Casa Radici-Di Stefano di via Jan (1929–1931) e la casa Corbellini-Was-serman di viale Lombardia. Qui, nell’immobile d’affitto s’incastona la residenza signorile dei committenti, sconfinato appartamento su due piani ricco di marmi pregiati ed arredi disegnati su misura.
Foto: Antonio Paoletti. Fondazione Piero Portaluppi, Milano

ANNI ’40 
Casa Albini
Via De Togni, Milano
1940
Progetto: Franco Albini
L’appartamento progettato da Franco Albini per la sua famiglia raggiunge la configurazione che mostrano le fotografie d’epoca poco prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale. Secondo un approccio tipico del razionalismo italiano, Albini crede nel dialogo tra storia e mo-dernità: tra le tele antiche, variamente intelaiate e sospese, spicca l’audace tensostruttura della libreria del soggiorno. La leggenda vuole che lo stesso Albini raccontasse divertito del crollo improvviso dello scaffale, appena assemblato.
Foto: Fondazione Franco Albini

ANNI ’50
Appartamento Minoletti
Corso di Porta Romana, Milano
1959
Progetto: Giulio Minoletti
Giulio Minoletti e Ignazio Gardella furono per lungo tempo vicini di casa, nei due condomini adiacenti che progettarono nell’antico Giardino d’Arcadia, in zona Porta Romana. L’appartamen-to di Minoletti è concepito come una lussuosa “villa sul tetto”, su due livelli, ricavata all’interno delle falde in pendenza imposte dal regola-mento edilizio. Il lusso, qui, non è solo quello dei marmi, delle impiallacciature in noce, degli ar-redi d’autore. In piena Milano, le terrazze di casa Minoletti sono uno spazio panoramico, verdeg-giante, persino dotato di una piccola piscina, un buen retiro urbano ma lontanissimo dalla città.
Foto: Mendrisio, Archivio del Moderno, Fondo Minoletti

ANNI ’60
Casa Blu
Milano
1967–1972
Progetto: Nanda Vigo
Accardi, Baj, Cascella, Dorazio, Fontana, Pomodoro, Schifano: sono gli autori di alcune delle opere esposte all’interno della Casa Blu di Nan-da Vigo. Artista e designer, nella seconda metà degli Anni ’60 Vigo realizza a Milano una sor-prendente sequenza di appartamenti monocro-matici (blu, ma anche bianco, giallo, nero). Sono spazi domestici sperimentali, introversi, onirici, i cui confini sono smaterializzati dal colore e dalla luce. Solo quella artificiale, però, perché tutte le finestre sono oscurate, e la città dimenticata.
Foto: Archivio Nanda Vigo